| 
        
          
             
              |   
                 
PUBBLICAZIONI 
                   
                 
RICERCHE 
                   
                   
                 DELL'AUTORE 
                 |    
     |  
        ICHNOÛSSA   *SIKISSJA   *ITASSJA Articolo 
        pubblicato suSYMPOSIACUS
 – Anno XXXIII – N° 4 –
 Ottobre-Dicembre 2003
 Angelo Di Mario
 
 
      In tutti i miei lavori ho dato molta importanza alle desinenze -sa, -sas, -s-sa, -s-sas, -sas-sa, 
        -sas-sas, -sa-si-, -sas-si…-si-si, -s-si…, non solo perché 
        strumento espressivo dell’indoeuropeo arcaico, basta soffermarsi 
        su quelle luvie, e palaiche, ma anche perché segnalate come elementi 
        rimasti nei toponimi (ALikarnassós, PARnassós…), elementi 
        aggettivali spesso persi nel divenire dei suoni: *Fil-aFa-s-sa > *Mil-awa-s-sa 
        > Mil-awa-n-da > Mil-awa-ta ‘Mileto’; tirs. VES-ti-ri-ci-na-la 
        < *FES-ti-ri-si-s-sa ‘(cerimonia) dell’accoglienza nel 
        focolare domestico’ (radice FES, tirs. VES-ia, lat. VES-ta, VES-u-vius, 
        AES-tas ‘del fuoco > calore’; gr. (F)ES-tía, (F)ES-thi-a-té-so-(mai), 
        *FES-thi-ri-si-); ancora il tirs. ACH-ra-ti-na-li-sa < UG-ro-ti-sa-s-sa 
        ‘(tribù) dell’acqua’, gr. UG-ró-tes ‘UM-i-do’; 
        suoni e strutture apparentemente scomparse, ma rimaste in tutto l’indoeuropeo, 
        compreso l’italiano (mar-e, mar-o-so, mar-i-no, mar-i-na-(s)jo, 
        mar-i-na-re-s-s/co… *THE-u-s-sus ‘DI-u-r-nus ‘(tempo) 
        del sole’…); per questo mi sono detto: cerchiamole anche da 
        noi per scoprire chi le portò, e cosa mai possano significare. 
        Ecco allora ICH-noû-s-sa ‘la *SARdissja > *SARdinnja > 
        Sardegna’; come prima ipotesi si può supporre che prenda 
        il nome dal mare AIG-aî-on/ l’EG-e-o ‘(fatto) di ACQ-ua’, 
        o, meglio, dal suo derivato OG/ OC > OK-ea-nós, località 
        intesa come ‘terra in mezzo all’acqua/ oceano’, radice 
        arcaica SUCc-o-/SUG-o > UK/ UG, con lo stesso rapporto tra SUD-o-re 
        ed il gr. ÚD-o-r; sappiamo, per averne più volte parlato, 
        che molte radici con inizio vocalico, quindi anche ICH (gr. ICH-thús 
        ‘dell’acqua-quello > pesce’), presuppongono la caduta 
        della S iniziale, e potremmo scoprire subito altra radice omofona, cioè 
        SICH/ SIK, recuperabile nell’eteo SAK-u-wa ‘luce > vedo/occhi’, 
        SAK-uwa-s-sa ‘dio del vedere/ occhi’, ted. SEH-e-n < *SEK-e-n 
        ‘vedere’, gr. skené < *SEK-e-ne ‘per vedere’, 
        come il THE-a-tés ‘l’osservatore’, THÉ-a-t-ron 
        ‘(luogo) per vedere’, da THE-áo-mai ‘vedo’, 
        lat. S()C-i-pio < *SAK-i-Fio ‘vedo/ so’; invece con l’intermedio 
        S > F > m/p, spiegato in altre occasioni, nei miei articoli e libri, 
        ecco MUKassn ‘MOK-so/ MOP-so ‘dio della S-OK/ M-OP = luce’ 
        (MEG, Testi); radice semplificata nel lat. (S)OC-u-lus, gr. ÓS-se 
        < *Okje, tirs. AUK-é-los ‘la Lucente/ Aurora’; varianza 
        OK/ OP/ OS. S’intuisce facilmente che qualcuno dall’Anatolia 
        partì per l’ignota *SIK-nu-s-sa ‘(terra) di *SIK-nu 
        > IK-nu/ dell’acqua’; ma SICH è anche la radice 
        omofona del ‘fuoco/ luce’, indica la *SIK-i-ssja/ *SIK-a-s-sja, 
        ossia la SIC-i-lia, la SIC-a-nia, nonché S(i)K-ú-l-le < 
        *SIK-u-s-sa > *SIK-u-l-la ‘Scilla’, ‘la terra della 
        luce/ fuoco’; ci conferma anche nello sviluppo s > k/ ch, notevole 
        nel tirseno SA-ris < *SA-sis ‘mani = dieci’, nesico KE-s-sar 
        ‘mano’; nel cretese Lineare A: SIR-u ‘testa’, 
        gr. KÁR-a ‘testa’, SAQ-e < *SAK-e ‘la cosa 
        lucente > bronzo’, mic. kak-o ‘bronzo’, gr. chaLk-ó-s 
        ‘bronzo’, L infisso; eteo surna, gr. kéras ‘corno’, 
        suwana, gr. kúon ‘cane’; come dire che KÚK-loPs 
        deriva da *SUK-o-loFs, ma non da KÚK-los ‘rotondo’ 
        e óps ‘vedere/ forma’, perché vuol dire soltanto 
        ‘quello del fuoco, della luce’, ossia l’occhio di SETH 
        > ET, dell’ET-na, gr. AÍTH-o ‘brucio’; appartenente 
        alla medesima radice, senza la S, riferibile all’idea di ‘luce/ 
        fuoco’; si tratta del notissimo dio SETH, tirs. SETH-re ‘di 
        Fuoco’, del derivato tirs. SETH-u-Msal, del lat. SAT-u-r-nus < 
        *SAT-u-s-sus ‘dio della nascita del fuoco/sole > anno’; 
        concetto espresso dal…successivo, più recente, diciamo, quel 
        diffusissimo dio UT-u, gr. ÉT-o-s ‘del sole > *AT-no > 
        AN-no’; ittita UITti ‘sole > anno’; quindi ET-na 
        (anche EN-na?) indicava il ‘Fuoco’, e il tirs. UT-u-ze era 
        ‘(il figlio) di UT-u’, proprio l’omerico OD-u-s-seÚs 
        < *UT-u-s-seFs; il quale, nel viaggio del ritorno, non poteva che approdare 
        sui nostri lidi VUL-ca-ni-ci (dal velsinio VEL, VEL-the/ VEL-che, VEL-cha-ns, 
        cretese VEL-cha-nos, corrispondente al dio ÉphaIS-tos < *ES-tos, 
        dio dalla radice diversa, quella dell’ES-ta-te, lat. AES-tas/ AES-tus, 
        alterata dal multiforme infisso F > PH ( > b, f, m, mp, p, ph, v, 
        u, w): *eFais-tos *ES-tos; ricordiamolo questo infisso, capace di deformare 
        moltissime parole, compresa la radice di ÉR-o-s ‘amore’: 
        *aFr-o-te, ciprio a-Po-ro-ti-ta-i, dove s’individua un residuo della 
        scrittura sillabica, *a-Wo-ro-ti-te, gr. aPHr-o-dí-ta-(s)i ‘ad 
        A(f)rodite’; per il corretto *AR-o-ti-te-si).Interessante radice, appena accennata, questo ET > IT ‘sole/ 
        fuoco/ tempo’; da qui scaturirà il termine *IT-a-s-sja > 
        IT-a-lia ‘(terra) del fuoco’, definizione di un luogo dalla 
        terra ardente, che solo un dio riuscirà, per qualche tempo, ad 
        accecare; fino a nuova…eruzione; e non poteva che appartenere alla 
        forza di una divinità; trasformata dal popolo in favola, che si 
        può comprendere solo sapendo della dinamica di quella radice: SAK 
        > KAK, KÚK-loPs, scambiato per KÚK-los ‘rotondo/ 
        cerchio’, ma significava soltanto l’occhio fiammeggiante dell’ETna, 
        di VUL-ca-no, derivato invece dal dio velsinio VEL-cha-n()s ‘del 
        Fuoco/ Sole’, nascosto nelle sue viscere. La SAK/ ZAK/ KAK, con 
        le sue varianze desinenziali e vocaliche, nasconde S()C-ia-ra < *SIK-ja-s-sa 
        ‘fuoco’, S(E)CH-e-ria < *SIK-e-s-sja, ZÁ(g)K-le 
        < *SAK-u-le ‘SI(n)C-u-la’, e appunto *KUK-lo-Fs, che impersonava 
        soltanto ‘l’occhio di Fuoco’; mentre è proprio 
        ET/ IT/ UT che ci restituisce il significato di IT-a-lia < (S)IT-a-s-sja, 
        toponimo che dalla Sicilia oltrepassò lo Stretto di Messina per 
        estendersi in tutto il nostro territorio; ma questo significato lo possiede 
        anche IT-a-ca ‘terra del Fuoco’; quindi va cercata in qualche 
        isola fumosa nei dintorni della Sicilia, come scrissi molti anni fa, ripercorrendo 
        l’iter di ULisse/ *UTisse; anzi ci fornisce la condizione storica, 
        che vede gli anatolici i primi ad attraversare il mare fino a noi (le 
        desinenze dei Messapi e dei Lici combaciano), poi furono i cretesi, appresso 
        i micenei, infine gli Elleni storici; perciò la guerra di Ilio 
        fu combattuta dai popoli che, a partire dalla Sicilia e luoghi limitrofi, 
        comprendevano Creta ed altre isole, insieme agli Achei (*S-AK-e-Fi), tutti 
        contro il mondo anatolico, ormai alla fine; forse rappresenteranno una 
        parte di quei vasti movimenti causati dai ‘popoli del mare’, 
        provenienti dalle molte isole egee e mediterranee.
 Per concludere questo appunto, bisogna inserire anche gli *ET-u-su-s-si 
        > *ET-u-lu-s-si > *ET-u-ru-s-si ‘gli ITalioti’; sono 
        questi i veri abitanti autoctoni dell’Italia centrale, detti *ET-u-ru-s-ki 
        (ss dissimilata sk), già stanziati nelle terre conquistate poi 
        dai Tirseni e dai Velsini; per questa ragione furono conosciuti non con 
        il loro nome, ma con quello dei vinti; appunto gli ET-()-ru-s-chi, noti 
        invece a tutte le altre genti italiche; la stessa sorte subirono gli ACH-ai-Foí 
        (del paese di AHH-ija-wa/ *AS-ija-Fa), assunsero il nome dei *FELesni 
        > *FELennis, vinti nella ‘Guerra di FÍL-io-s(-sa)/(-n-na)’, 
        chiamandosi (F)ÉL(l)-e-nes.
 Dall’esame di ICH-noû-s-sa, siccome presenta l’aggettivazione 
        di *ICH-nus, dalla sequenza più semplice FIK > ICH (ICH potrebbe 
        svelare i *FEAK-o-(s-s)i ‘i FEAC-i’, abitatori della Sicilia), 
        sapendo che deriva da *SIK-nu > FIK-nu > FIK- > IK-, troviamo 
        subito la sua definizione: gli antichi la ritenevano una terra simile, 
        o dipendente da *SIK-nu, ossia dalla SIC-a-nia, prima che la occupassero 
        i SAR-di < *SAR-i-ti(-ni) > *KAR-i-ti/ *KAR-i-si ‘COR-si’, 
        immaginiamo anche i KAR-uBdes < *KAR-u-Fses, una varianza della stessa 
        struttura; forse medesima etnia sulle due isole, le cui genti navigarono 
        anch’esse tra S()K-u-l-l-la e CHAR-u-Bdis/ *SAR-u-Ftis, prima di 
        raggiungere le due isole, site ancora più a nord.
 Ora soffermiamoci su PI-the-kû-s-sa; subito associata a PÍTH-e-kos 
        ‘scimmia’ (facilità dell’omofonia, sirena di 
        ogni studioso); e se invece la radice fosse quella di PÍ-no, PO-to 
        ‘acqua > bevo’, PÓ-(n)tos ‘acqua > mare’, 
        PÓ-sis ‘bevanda’, BI-bo ‘bevo’; allora 
        ci troveremmo con il significato di ‘(terra) dell’acqua-quella’, 
        ossia proprio ‘isola’, come il gr. NÉ-sos ‘quella 
        dell acqua/ isola’, dalla radice NE: NA-ve, NE-ve, NU-be, NU-vo-la, 
        NE-(m)bo….; solo che sopra ci si riferisce alla radice PI/ BO, qui 
        a NE per ‘(N)I-so-la’; PO-sei-dôn, analizzato pósis 
        ‘signore, e Dâ ‘terra’, e non PÓ-sis ‘bevanda’, 
        ci riporta all’omofonia spicciola, ma invece va scoperto come errore 
        di pronuncia (tutte le parole, in ogni tempo e in ogni luogo, tramandano 
        sbagli rispetto a qualche altra lingua anteriore), noi dobbiamo considerarlo 
        *PO-sei-tos/ *PO-tei-tos, ossia ‘quello della PÓ-sis, del 
        PO-(n)to/ acqua, mare’; significato che si addice ad un dio del 
        mare; del resto anche il dio tirseno NE-thu-ns, radice NE, veniva venerato 
        come dio ‘dell’acqua del cielo’, divenuto poi ‘del 
        mare’. A questo servono le radici, sottoposte a varianza, non a 
        omofonia.
 Dall’Anatolia, concepita come un esteso spazio di civiltà 
        comune, vennero i depositari delle -sa, -sas, -s-sa, -s-sas, ancora vive 
        sotto gli innumerevoli cambiamenti (gr. ÉT-o-s, *ET-e-s-sus > 
        lat. ET-e-r-nus...). Se ci aggiungiamo la civiltà che scorreva 
        da tutta l’Europa Orientale verso la Valle Padana, gli sbarchi, 
        i tanti flussi migratori, ricchi di proprie esperienze, confermati da 
        reperti, ecco una miriade di apporti, che arricchiranno l’Italia 
        attraverso i secoli. I Tirseni contribuirono ad amalgamare i modi diversi 
        del vivere di allora, ponendo le basi della nascita dell’impero; 
        lasciando ai Latini, subentrati nella Roma tirsena (eteo RU-wa, varianza 
        NU-ma), solide leggi, istituzioni e la cultura bellica per realizzarlo.
 Più volte ho suggerito che la prima civiltà appartenesse 
        agli Europei; che fossero discesi fino alle foci del Tigri e dell’Eufrate; 
        infatti, quando questa zona fu invasa dai barbari Sumeri, si verificò 
        il crollo dei manufatti di cui erano ricche la città di Aratta 
        e di Susa; senza contare quelli provenienti da ovest, dall’Egitto; 
        sopraggiunsero anche, aperto miracolosamente il mare, come qualcuno racconta, 
        gli emigranti semiti, che invasero l’Asia Minore, fino a distruggere 
        la civiltà sumerica, a combattere ripetutamente la civiltà 
        indoeuropea; ma gli europei resistettero nel nord, un semicerchio che 
        dall’India raggiungeva tutta l’Europa odierna; conservando 
        una miriade di etnie, lingue, usi e costumi differenti, anche loro sempre 
        in guerra; la cui cultura era diversa; più razionale, come poi 
        riuscì ad esprimersi nel mondo greco; sta tutto lì il culmine 
        antico della nostra civiltà; da quelle radici proveniva il progresso 
        della ricerca intellettuale, per tanti secoli piegato e dimenticato; e 
        quando si parla dell’alfabeto fenicio, si commette il solito errore 
        di scoprire all’esterno ciò che è nostro, che è 
        meritevole di attenzione; sarebbe bastato controllare tutti i sillabari 
        degli europei; immaginarne tanti distrutti; certamente solo tra questi 
        poté svilupparsi una serie semplificata, capace di superare il 
        monosillabismo della loro stessa scrittura; perché le incisioni 
        delle scritture cuneiformi, la mancanza delle vocali, non si adattavano 
        a noi; sicuramente i sistemi erano tanti, ispirarono anche qualche semita, 
        ma bastano quelli di Creta, di Rodi, poi quelli lidi, lici,… per 
        citarne qualcuno; bisogna ricordare che gruppi indoeuropei conquistarono 
        parte dell’Egitto, gli IK-sos s’impadronirono di un bel tratto; 
        quindi fino al Sinai circolavano chissà quante civiltà che 
        emigravano in un senso e nell’altro; CAD-mo, ritenuto l’inventore 
        dell’alfabeto, porta un nome indoeuropeo; la radice CAD, rispecchia 
        una varianza di CAR ‘CORrere’; CAD-mo (TLE, 819: CÁD-mi-loi 
        viene tradotto ‘i CARmeli’, corrispondono ai ‘(servi) 
        corridori’; CA(D)millum a Mercurio); la stessa idea espressa dal 
        tirseno TUR-m()s, gr. D()R-ó-mos ‘la corsa/ il dio Messaggero’, 
        HER-mes < KER-/ *KED-mes ‘MER-cu-rio’; come ho detto altrove, 
        ‘le lettere fenicie’, in realtà indicavano ‘le 
        lettere dipinte’, incise poi nel bronzo, oltre che sulla pietra, 
        ovviamente; non lettere da una rielaborazione ugaritica, nemmeno se il 
        Sinai ci può presentare le iscrizioni proto-sinaiche in ambiente 
        semitico; in quel calderone orientale, passaggio obbligato verso l’America 
        di allora, l’Egitto, tutto andirivieni, guerre e distruzioni, come 
        si fa a trovare l’inventore dell’alfabeto, inoltre segni simili 
        erano diffusi fino a Creta, e Cipro; significa che per molti secoli da 
        varie etnie vennero elaborati, ognuna per le proprie necessità, 
        ma non appartenevano all’egiziano, se non, nel Sinai, per la solita 
        osmosi naturale riguardo a qualche segno; ciò accade dovunque; 
        le civiltà si sono sempre mescolate; piuttosto i Fenici/ Punici, 
        pratici come dovevano essere per i loro commerci, dinanzi ad una scrittura 
        così ristretta, semplice e pratica insieme, immune dagli amorfi 
        cunei, non idonei a produrre alfabeti, derivabili solo dallo sviluppo 
        grafico acrofonico delle immagini (A, testa del toro, B, perimetro della 
        casa…), devono aver colpito nel segno ad appropriarsene, portandola 
        in giro con le navi, o, meglio, ne furono gli involontari diffusori; solo 
        che non viaggiavano soltanto loro; il Mediterraneo da tempo veniva solcato 
        da vari popoli; quindi non si dica CAD-mo, che offre nel santuario di 
        Atena il suo lebete di bronzo con un’iscrizione dedicatoria in caratteri 
        fenici (phoinikoîs grámmasi); l’offerta troppo recente, 
        indoeuropeo il suo nome; non determinante per la nascita dell’alfabeto. 
        Gli indoeuropei prediligevano la memoria; ma se dovevano scrivere usavano 
        la tavoletta, la pelle; quindi erano costretti a ‘dipingere’ 
        i segni (gr. phoîniks ‘porpora’, phonísso ‘dipingo’); 
        mentre i cretaioli dovevano incidere, incuneare i segni, e sperare di 
        farseli cuocere dalle guerre; ecco una notevole differenza; la parola 
        francese papier ‘carta’, va ricollegata al papiro, a bib-los 
        < *pipiros, invece liBro, liberato dall’infisso F >B, lo scopriamo 
        in altro materiale, quello del lat. liBer < *liFr, della *LIR ‘pelle’, 
        riconducibile al lat. LOR-um ‘striscia di pelle’, a LOR-i-ca 
        ‘pelle da indossare’.
 Quando i Greci storici si misero a scrivere, altri popoli da molti secoli 
        lo avevano fatto, specie gli Anatolici…; compresi loro, … 
        nella veste di cretesi e micenei; solo che, tra una devastazione e l’altra, 
        avevano dimenticato quelle loro arcaiche radici di civiltà; ma 
        scrissero quando non sapevano di chiamarsi Elleni; persino al tempo di 
        Omero; nell’VIII sec. a. C. si accorsero di tanta loro tradizione 
        orale, si convinsero che era bene scrivere di nuovo su pelli e tavolette; 
        le lettere non potevano riferirsi ai semiti, ma ad una civiltà 
        comune, diffusa, differenziata; infatti, che confusione, tra phoîniks 
        ‘fenicio’, phoîniks ‘dipinto’ e Phoîniks 
        ‘Fenice’, padre d’EUR-o-pa (nemmeno questa notizia ha 
        svegliato i fenicisti; EUR-o-pa, era fenicia? CADmo, non era fratello 
        di EURopa?); tra i termini, come si nota, non c’era poi tanta diversità, 
        quindi il greco KÁD-mos, avendo inciso qualcosa, doveva, per chissà 
        quale omofonia, provenire da quella nazione estrema, nonostante il suo 
        significato fosse indoeuropeo (avranno giocato qualche ruolo le due Tebe? 
        Quella greca e quella egizia?).
 Mi piace riportare qui un pezzo trovato su Internet, CRONOLOGIA, Gli Etruschi: 
        In Tracia (lo sappiamo tutti da pochissimo tempo) sembra sia esistita 
        una grande civiltà millenaria, anteriore a quella sumerica. Qui 
        del resto non molti anni fa, sono state rinvenute le Tavolette Tartarie 
        e i primi sigilli rotondi sumerici-babilonesi-egiziani; e sembra che proprio 
        qui i sumeri scoprirono l’arte della scrittura. E forse ai fenici 
        in seguito a contatti con i Traci nacque loro l’idea dell’Alfabeto. 
        La lettera N della Tracia del 3500 a. C. sarà un caso che in sumero, 
        in egiziano, in fenicio, in etrusco, in greco, in latino, è sempre 
        uguale?
 Le Tavolette Tartarie hanno rimesso in discussione l’origine della 
        scrittura; un giallo, perché sono state trovate dove non ci dovevano 
        essere. E insieme a queste, molti altri oggetti e tesori che hanno sconvolto 
        il mondo archeologico. Sembra proprio che la preistoria Europea sia nata 
        qui, in Tracia……
 E se rileggiamo Erodoto, narra di un popolo con ottime regole e organizzazione 
        sociale, dove ogni famiglia disponeva di una propria casa, che dimorava 
        sui laghi, le cui belle abitazioni non in paglia ma in tavole unite, sono 
        costruite in mezzo all’acqua sopra alti pali. Il popolo – 
        lui che scriveva nel 470 a. C. – li chiamava “Antichi” 
        Peoni; la zona è il lago Prasia (oggi lago Takiros); il territorio 
        la Tracia. Di questi villaggi ne sono stati oggi rinvenuti circa 350. 
        Databili 4000 anni a. C. Sappiamo così da dove veniva l’architettura 
        palafitticola identica a quella delle valli alpine, e chi erano e da dove 
        veniva la cultura dei popoli dei Campi d’Urne…
 (Per curiosità del lettore, aggiungo una iscrizione trovata da 
        quelle parti: polisteneasnereneatilteaneskosrazeadomeantilezuptamienerazelta.)
 A questa breve citazione vorrei aggiungere le notizie che ci fornisce 
        Marcel Brion, “La Resurrezione delle città morte”, 
        LIBRITALIA, là dove presenta la Persia; si capirà facilmente 
        chi rovesciò la cultura indoeuropea di Aratta (forse scoperta ora 
        in Iran, presso Kerman), Susa e di Obeid. Cito una parola nota, l’AP-su 
        ‘l’abisso’, attribuita ai Sumeri, ma la radice AP appartiene 
        al termine AP-ia ‘o(n)da, acqua’, per dire in quale zona ancora 
        dimorava; senza tralasciare Appio Claudio, che sembra significasse ‘Acqua 
        Zoppa’; così anche l’ideogramma ID ‘acqua > 
        fiume’, collima con il gr. ÚD-o-r ‘acqua’; radice 
        sempre viva: ID-ri-co…
 Ma ora presentiamo qualche iscrizione interessante, per suggerire altri 
        dubbi sulla italianità dei Tirseni e Velsini, sovrapposti invece 
        agli autoctoni *ETulussi/ *Eturussi ‘ET-ru-s-chi’; si continueranno 
        a scoprire le tante radici comuni di déi, eroi, nomi VELsini/ (F)ELleni 
        < anatolici, …come POL-io-ch-ni, POL-i-ch-na, con il -ch-n del 
        magistrato tirs. ZIL-a-ch-nu < *TIL-a-s-su, inconfutabili.
 Da J. Friedrich, DSS, p. 87: Protohattico (1I 40) washabma eswur askahhisir suwa (41) URUHattus tittahzilat 
        suwa (40) tabarna katti taniwas = ittita (43) DINGIRMES KURMES maniahhir 
        dairmat URUHattusi (44) salli GISSU.A dairmat nuza labarnas LUGALu(s eszi)
 “Gli dèi i paesi hanno distribuito; presero della città 
        di Hattusa il grande trono/ comando, lo presero, tabarna il re fa/ è.”
 “Gli dèi hanno distribuito i paesi; ma essi presero per Hattusa 
        il grande trono/ comando; essi lo presero, e Labarna è re.”
 Il trono era di legno, divinizzato, identificato con il ‘comando’.
 Notare la diversità del linguaggio, titta-zilat ‘grande trono/comando’, 
        rispetto a salli ‘grande’, gis ‘legno’, SU-A ‘trono/ 
        comando’; il verbo taniwas ‘fa/ è’, come in tirseno 
        tenu, tenthas; es-zi, *es-ti ‘è’; l’epiteto dei 
        re, tabarna/ labarna (t/l). Zilat avrà qualche attinenza con il 
        tirs. zilath/ zilach < *tilas ‘tele/ comandante’ (gr. téllo)?
 Da G. Buonamici, “del GENITIVO DOPPIO in messapico”:theotoras artahiaihi bennarrihino
 * > Theotoras Artasiaisi Benarisno (-hn < -sn < -ss)
 “Di Theotoro Artese di Benario.”
 baoxtas stinkaletos biliovasno* > baoxtas stinkaletos FilioFasso
 “Di Baoxte Stinkaleto, il BilioFarno (figlio di Bilio).”
 Da J. Friedrich, decifrazione delle scritture scomparse, bilingue licio-greca, 
        p. 116:ebeis tucedris m(ene) tuwete kssbeze crup(sseh) tideimi se purihime(teh) 
        tuhes tlanna atru ehb(i) se ladu ehbi ticeucepre pillenni urtaqijahn cbatru 
        se prijenubehn tuhesn
 * > ekeis tusetris mene tuwese Ksseweze Crupsses tikeimi se Purihimetes 
        tukes tlassa atru esFi se ladu esFi Tiseusepre pillessi Artakijasn sFatru 
        se Prijanuwesn tukesn
 “Questo tempio q(ui) lo fece Kessebese di Crupse figlio e di Purihimete 
        nipote, il tlanno/ della città di Tloo, (per) sé stesso, 
        e la moglie stessa Ticeucepre, la Pillenna/ di Pillea/ Pinara, di Urtaqija 
        figlia e di Prijenube nipote.”
 Notare la c/s, greco Ticeucepre/ Tiseusémbran; la -ss/nn; i genitivi 
        -h/s, -hn/-sn < -ss > -sno; cBatru < *SFa-t-ru ‘figlia’, 
        tir. SE-ch < *SE-sh ‘figlia’, hurrita SA-la < *SA-sa, 
        urarteo SI-la < *SI-sa.
 LINGUA ELAMITA:ikseirsa sunkuk irsairra sunkuk sunkukipinna dariiamauis sunkuk saakri 
        haakkamannusija
 “Serse re grande, re dei re, di Dario re figlio, l’Achemenide.”
 Notare la terminazione di sunkukipinna, da *sunkukiFissa ‘dei re’; 
        desinenza che appartiene all’indoeuropeo ss > sn, chn, nn/ n, 
        nt/ nd, sr/ rr/ r, st/ tt/ t, tn/ tr…; da confrontarci i loro re 
        Annubanini < AN-uFa-n-ni (-s-si), e SAR-Ba-ni-Bi-ri-ni < *SAR-wa-ni-wi-s-ni 
        (ss > sn > rn); nonché i termini lici visti sopra, ossia 
        tlanna ‘di Tloo’, e pillenni ‘di Pinara’; persino 
        l’osco UP()-sa-n-na-m, non mutuato dal lat. OP(e)-ra-n-da-m; radice 
        HAP/ UP/ OP(-e-ra), tirs. HAP-r-ni = lat. LAB-e-ri-(s)us; inoltre *hakkamannussija 
        ‘ l’ *haccamannense/ il *(S)AK-e-me-ni-de’.
 XPe, Xerxes Persepolis ELINGUA PERSIANA:
 Style: schmitt
 xsyarsa ksaythiy vzrk ksaythiy ksaythiyanam daryvhus xsaythiyhya puç 
        hxamnisiy
 “Serse, re grande, re dei re, di Dario re figlio, l’Achemenide.”
 Style: kentxsayarsa xsayathiya vazra ka xsayathiya xsayathiyahnam darayavahaus xsahyathiyahya 
        puça haxamanisiya
 “Serse re grande, re dei re, di Dario re figlio, l’Achemenide.”
 TITUS texts: Lycian Corpus:ebenne xupa mene prnnawate xudali zuhrijah tideimi xezrimeh prnnezijehi
 * > epesse/ ekesse ksuwa(suwa/zuwa) mene parnawase sudali suhrijas 
        tikeimi sezrimes parnesijesi/ parnessiessi
 “Questa tomba qui ha costruito Sudali/ Tudali dei Suhrija(se), figlio 
        di Setrime(se), per i familiari (*parnessissi).”
 ebenne xupa mene prnnawate trijetezi senepijete ladi ehbi se tideimi“Questa tomba qui ha costruito Trijetezi Senepijeti per la moglie 
        propria e il figlio.”
 TITUS texts: Lydian Corpus (Queste iscrizioni possono essere capite, se ne riscopriamo la composizione 
        aggettivale; è come se noi, dovendo scrivere Ivana Filippeschi, 
        figlia di Renato, la rendessimo nel modo seguente: Ivana *Filippessis 
        *renatessis).
 es asinas manelis alulis akmLt qis fensLibid buk esvav anlolav buk esL 
        karolL fakmL santas kufaw-k mariwda-k ensLibbid* > es asinas manellis alullis < es asinas manessis alussis…
 “Questa (tomba) (è) di Asina, un *manessis/ Maneli (stirpe 
        dei Mane), *l’ *alussis (il figlio di Alu). Ora chi danneggia o 
        questo sepolcro, o questo dormitorio, allora (gli dèi) Santa (tirs. 
        Sans, Sians) e Kubaba ( > Cibele) e Marita (Marta, tirs. Maris, Marte; 
        lat. Morta) (lo) rovinino.”
 es vanas manelis alulis akmLt qis fensLibid fakmLt qLdans artymu-k wcbaqent“Questa lapide (è) di Mane Alu. Ora chi (la) danneggia, ora 
        il dio Culdano (tirs. Culsans ‘il Generante’, gr. koleión, 
        koleós) e Artemi(-de) (tir. Aritimi; da SAR(r-u)-ma > (S)AR-ma 
        > *arTma) lo rovinino.”
 Wcbaqenti. *FcFakensi > *sake-s-si > *kak-e-n-ti, gr. kak-ó-o 
        ‘danneggio’.
 Qualcuno potrebbe obbiettare: ma come si spiega SAK ‘luce’, 
        con SAK ‘danno’, con SAC-e-r ‘sacro’…SIC-a-rio? 
        Con i tanti popoli che s’incontrano, ognuno usa termini propri; 
        qualche volta, pur essendo identici, o simili, contengono messaggi diversi; 
        oppure le radici sono diverse, ma il significato è identico, come 
        sopra l’idea del ‘fuoco’ con SETH-re, MIT-ra, ET-na, 
        VES-u-vio, VEL-che, VUL-ca-no, …
 Notare Artymu-k, con -k ‘e’; in tirs. la possiamo trovare 
        come -c, -k, -ch: larthial-c ‘e di Laerte’; velia-k ‘e 
        Velia’; latherial-ch ‘e di Latheria’; significa inoltre 
        che i tre segni erano ancora sibilanti, ossia corrispondevano al licio 
        ‘se/ e’; per questo il magistrato tirs. zilath è scritto 
        anche zilach, da *zilas/ *tilas/ *tiras; il verbo tirseno cerichutesamsa 
        contiene una somma di S, variamente mutate: *KER-i-shu-se-sa-Fsa; che 
        avrebbe potuto trasformarsi in *KER-i-tu-te-sa-s-sa, radice SER/ CER > 
        sanscrito KER/KR ‘fare’ (…identiche a KÉR-a-s 
        ‘COR-no’, a K()R-é-as ‘CAR-ne’…).
 Da Archivio Glottologico Italiano, V. LXXVIII, F. II, pagg. 144-166:Luvio: zassin DUMU-annassin annin
 * > ta-ssis/ ka-ssis nanna-ssis annis
 “ * > questo(ssi) bambino(ssi) madre
 “La madre di questo bambino”.
 Licio: hrppi esedennewi xnnahiebbiehi se thurttai lada* > herFi/ seri esedesseFi/ esedessi xnnasieFFiesi/ xannassi se Thurntai 
        lada
 “Per gli *erede-si *nonne-si/ gli eredi della nonna e di Tharunta 
        la moglie”.
 Lidio: es vanas atalis tivadalis tarvtalis* > es vanas atassis tiwatassis tarutassis
 * > questa tomba (?) (è) atase tivatase tarutase
 “Questa tomba (è) di Ata dei Tivata, (figlio) di Tarunta.”
 Da M. Pallottino, Testimonia Linguae Etruscae, TLE; ripresento alcune 
        cariche pubbliche, sulle quale va riflettuto abbastanza:TLE, 189: alethnas v. v. thelu zilath parchis zilath eterav clenar ci 
        acnanasa elssi zilachnu thelusa ril XXVIIII papalser acnanasa VI manim 
        arce ril LXVI
 “Dagli Alethna V(el) di V(el). Fece il tele della torre, il tele 
        del demo. Figli tre allevati. Più volte teleste fu fatto (sin) 
        da soli/anni XXVIII. Nipoti allevati sei. Il Mane (dio SAN > FAN/ FEN/ 
        FIN > AN/ IN) (lo) ha ad anni LXVI.”
 TLE, 170: arnth alethnas ar clan ril XXXXIII eitva tamera sarvenas clenar 
        zal arce acnanasa zilc marunucva tenthas ethl matu manumeri“Arunthe degli Alethna di Ar(unthe) figlio. Fin dagli anni XXXXIII 
        è stato teoro capo. Figli due ha allevato. Il tele maronico fece/ 
        è stato. Ora (è) presso gli dèi Mani.”
 TLE, 171: avl(e al)ethnas (a)rnthal cla(n() thanchvilusc ruvfial zilath… 
        spurethi apasi svalas marunuchva cepen tenu eprthnevc eslz te(nu)/ eprthieva 
        eslz/“Aul(e degli Al)ethna di Arunthe fi(glio) e di ThanchFilu di Rufia. 
        Tele…in città per tutta (della) vita e anche il marone capo 
        fece, e l’imperatore due volte fe(ce)/ l’imperio due volte 
        (ebbe).”
 TLE, 172 larth alethnas arnthal rufvfialc clan avils LX lupuce munisvleth 
        calusurasi tamera zelarvenas luri miacx(x)“Laerthe degli Alethna di Arunthe e di RuFfia figlio. Ad anni LX 
        è morto mentre era reggente sui sacerdoti, teoro appaltatore (degli 
        a.). Qui dor(me).”
 TLE, 173: a(rnth) (= a(vle) ?) alethnas setresa ness sacn…. clensi 
        muleth svalasi zilachnuce lupuce munisuleth calu avils LXX lupu“A(runthe) (o A(vle) degli Alethna, (il *setresse) di Sethre (figlio). 
        Nel sacrario secondo le costu(manze) dal figlio (posto). Mentre era in 
        vita fece il teleste. Morì mentre era reggente sacerdote. Ad anni 
        LXX morì.”
 TLE, 174: (al)ethnas arnth larisal zilath tarchnalthi amce“Degli (Al)ethna Arunthe di Laris (figlio). Tele sui *Tarshnassi 
        (o in Tarquinia) è stato.”
 Elenco delle cariche qui presenti: zilath/ *tilas ‘tele’; 
        zilachnu/ *tilassu ‘teleste’; tamera/ *taFera ‘teoro/ 
        ispettore’’; sarevenas/ *karFenas/ káranos ‘capo’; 
        zilc/ *tils ‘tele’; marunuchva/ *washunusFa, gr. BAS-i-leÚs/ 
        *FASH-i-neFs ‘del WASHas/ signore (rappresentante del s.)/ barone’ 
        (s/n/t/l: gr. még-a-thos, meg-á-los, lat. mag-(a)-nus) ; 
        cepen/ *kephen ‘capo’; eprthnev/ *seperthreF ‘imperatore’(super, 
        upér, *upr), umbro embratur, eprthieva/ *sepershieFa ‘imperio/ 
        dittatura’; munisu- < *munissu- > *Funiks > Fánaks 
        ‘reggente/ re’; calusurasi, Dat. plurale, o forma aggettivale 
        < *salusussi/ galusussi, da *sallus, o gallus; calu/ *salu ‘il 
        grande?’, come salli GISSU.A ‘grande legnoTRONO’ (Archivio 
        Glottologico Italiano, Fascicolo Primo), oppure *callu/ gallu ‘sacerdote’, 
        lidio qalmlul < *calFlus, F inserito tra LL, cario géla (v. 
        Archivio Glottologico Italiano, V. XLV, F. I); zelarvenas/ *telarFenas/ 
        telònes(sas) < *telarFnas ‘appaltatore’. Nessuno può dubitare che esse non provengano dall’Asia Minore, 
        in epoca arcaica, prima della comparsa degli Elleni storici; ma poiché 
        restituiscono varianze, è lecito accomunarle al substrato anatolico 
        in cui si muoveva anche la futura civiltà greca, come noi la conosciamo; 
        senza le tentazioni di supporre prestiti dalla Magna Grecia; impossibili 
        per la loro antichità, per la resa fonetica dei termini tramandati 
        dalle iscrizioni.
 
 
 |  |