Angelo Di Mario

 

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DELL'AUTORE

 

ILIO rocciosa e TROIA fertile

Notizie per l'intervento di Angelo Di Mario
al Convegno presso la BIBLIOTECA COMUNALE
di Civita Castellana 25/10/2002


     Presento il mio recente libro “Lingua etrusca. La ricerca dei Tirreni attraverso la lingua”, Edizioni CANNARSA, Vasto. Il titolo stesso indica che vado alla ricerca degli Etruschi attraverso lo studio fonetico di ogni parola; per individuarli bisogna cominciare dai nomi Tirseni/ Tirreni, e Velsini, perché con queste denominazioni erano conosciuti in Asia Minore e nell’Ellade; molti secoli prima che ne parlassero certi scrittori antichi, sostenendo versioni totalmente differenti tra loro. Già una simile affermazione contrasta con quanto da decenni spiegano e sostengono gli etruscologi italiani; sarebbe infruttuoso affidarlo ai loro giudizi, pregiudizialmente negativi; il libro bisogna leggerlo con attenzione, per comprendere come il mio metodo possa incontrare il significato delle parole assai meglio dei tentativi reiterati di troppi studiosi; il recente libro di Koen Wilin, “Il verbo etrusco” (1), mostra come la sua enorme cultura non solleva neanche un briciolo di polvere dallo strato secolare che avvolge la lingua tirsena/ velsinia; di costui potrei presentare decine di traduzioni, non sono altro che la ripetizione della ripetizione di qualche altra ripetizione errata, anche se presentate con una straordinaria dovizia di nomenclature; una notevole cultura accademica. Sarebbe troppo lungo enumerare gli insuccessi dell’Accademia; qui voglio proporre un solo esempio esplicativo, che si moltiplica per ogni altra parola del mio libro: la radice SEL, gr. SÉLas ‘splendore/ SOLe’, attraverso l’evoluzione di una prima desinenza anatolica -s-sa, *SELa-s-sa, acquisisce una ulteriore desinenza sempre anatolica, consistente nello sviluppo di -s-sa in -n-na: avremo dunque il gr. SEL-á-n-na ‘dello splendore > la Lucente > Luna’ (Saffo) > SEL-á-(n)-na, *SELenne > SELéne. Spesso in greco si verificava la perdita dell’iniziale S: SUDore ‘acqua’, gr. ()ÚD-o-r ‘acqua’, *SOP-nus , lat. SOM-nus > ‘SON-no’, gr. (-)ÚP-nos ‘sonno’, tirseno HUP-ni-ne-thi (TLE, 2) < *SUP-ni-s-si > *()UPninzi/ *()UPnint(i) ‘dormono’; tornando alla caduta dell’iniziale di SEL, questa viene sostituita da una forma intermedia S > F: FEL > VEL/ VIL, infine senza F > EL/ IL…..per finire con BOL/ POL/ VOL: FALeria, FALisco, FELsinia, …..< VEL ‘Sole’ > VELia, VELus, VELusla, VELussa, VELzna….. VELthinathuras < *VELthinassas ‘dei VELthina’…..; con EL, gr. ()Élios < *SELios, ()Eléne < SELène > VILina > ‘ELena’; e infine con l’introduzione della O, mancante in varie lingue, prevalsero le forme BOL-/ POL-/ VOL- (BOLogna, POLiochni….. VOLsinium). Chi non vi riconosce la civiltà dei *FELissa/ VELisna/ VELusna/ VELichna …..VOLsinia ; se poi ci portiamo nella terra di AHHiyawa/ AS(s)uwa (GIT, 3), l’ASia, dovremmo meravigliarci di incontrare il regno vassallo di VILussa, re Alaksandus, dominio del re ittita Muvattallis (zik Alaksandu ‘tu, Aleksandu > Alessandro’, nel trattato con il re di Vilusa, AGI, 4), padrone anche di Tarhuntassa (QSI, 5) (il tirseno MEteli ‘Metello’, da MU ‘tempo’ > MUwa, nome di un generale hurrita); altra VILussa s’incontrava nella Confederazione di Arzawa (come le tante Larissa, anche questo nome poteva ripetersi, persino *FILawassa > MILawanda > MILeto, dovrebbe derivarne, ma è troppo lontano); quindi, se non ricordano la stessa città, una delle citate deve corrispondere ad Ilio, attraverso la semplificazione dei termini: VELussa > VILussa > *FILissja > FÍLios(sa)/ FÍLion(na) (-s-sa > -n-na indicano desinenze anatoliche: licio Tlanna, gr. Tloeús ‘di/il Tloo’ (DSS, 6) < *tlossus; anat. *Tarussa > *Tarunna/ *Trunna, gr. *tro(ss)os > Tròs ‘troiano’; troiádes/(d/t>n) *taruiannes). Solo questo cenno testimonia per la esistenza in Asia dei *FELussi > VELussi/ VILussi/ *FELenni; che emigrarono a gruppi subito dopo la guerra di ILio, non di Troia; i Cantori la chiamarono ‘(guerra) di ILio/ IL-ia-de’ perché proprio quella città sacra doveva essere combattuta e distrutta; Troia ne fu coinvolta, subì la medesima sorte, ma era un’alleata, come tante altre città asianiche, o paesi, diciamo soltanto quello chiamato Trmmisn < *TuriFFisn/ *TIRsne, che diverrà la “Licia”, con la sua capitale ARnna (tirs. AR-n-th/ *AR-s-s), la famosa ‘ARinna’, da *ARissa ‘città del dio sole/AR’, detta in seguito Xanthos; basta soffermarsi con attenzione qua e là per i Canti, ecco nominare Alessandro 46 volte, con epiteti : bello come un dio, simile ai numi, glorioso, divino, sire, sposo di Elena chioma bella; e sentire Elena, rivolta ad Ettore, esclamare: ‘Ah il mio sposo Alessandro simile ai numi’; mentre Paris entra in scena solo 11 volte, qualificato sempre su un unico verso: maledetto, bellimbusto, donnaiolo, seduttore, e poi figlio di Priamo; se volgiamo l’attenzione sulla città di Ilio, essa è qualificata ben diciassette volte “sacra, rocca ben popolata, solide mura, ventosa, rocca ben costruita, amabile, dai bei puledri, città di Ilio, salga ad Ilio, gran torre d’Ilio, acropoli d’Ilio, solida rocca, scoscesa, alta, rocciosa, giù dai monti dell’Ida verso Ilio sacra, battuta dal vento, città popolosa”; ne deriva la descrizione di una città situata sopra rocce aride e scoscese; mentre Troia è individuata con “mura robuste, spaziosa, fertile, buone torri, ampia, fertile zolla, alte porte, forti mura”, dando l’idea che fosse costruita sui fianchi di una collina coltivabile (Iliade, VI). E poi la descrizione della Chimera, proprio identica a quella di Arezzo: “davanti leone, dietro serpente, nel mezzo capra” (Iliade, 7), opera dei Lici (i *T()rFFisna); oppure il fiume AESepus/ ESepo, sotto Ilio, che somiglia troppo al cavallo, detto da quelle parti ASuwa (MEG, 8), variato altrove come ASwa, ASpa, ESbe, la cui radice persiste ancora nel nome dell’ASino ‘quello dell’AS/ cavallo’, gr. *OS-nos > Ó()-nos. Ecco l’Iliade, letta senza farsi incantare dai poeti, servire come testimone delle sue contraddizioni, dei segni residui di vari interventi, di almeno due Poeti, uno per Troia, l’altro per Vilussa, due CARmene/ CAmene/ *HAmere; l’ HO()-me-rus latino, ancora memore dell’iniziale K > H, restituisce meglio la radice CAN di CAN-to-re, passato a CAN-m/ CAR-me/ CA-m/ HA-m > HO()-me-rus > gr. ()Ó()-me-ros. Importanti diversità; ma ne ho isolate altre, da meditare; testimonianze inconfutabili. Per precisare ancora meglio, aggiungo che i documenti ittiti la chiamavano Taruuissa (GIT, 3); fu semplificata in *Taru(ss)ija > Troia; spiego che il suo nome deriva dal dio hurrita TEshub (THE/ luce; GIT, 3), rotacizzato divenne in eteo TArhui (MEG, 8), in ittita TArhund, in luvio TArchun (GIT, 3), in tirseno TArchna/ TArchunus/ TArgete. Le città importanti erano tutte dedicate ad un dio: TArhuntassa ‘(città) del dio TArhunta’, re Kuruntas (QSI, 5), *Tarthessa, Dattassa ‘(città) del dio Datta (GIT, 3) < *Tarh(un)ta’ (dei Dardani); *ARissa > ARinna/ ARatta ‘(città) del dio SAR > MAR/ AR ‘Sole’; LA ‘luce > vedere’, gr. LÁ-o, tirs. LA-sa > lat. LA-r() ‘(divinità che prov)VEDE’ > LA-ris-sa ‘(città) del dio LA-ris’; proprio come VILussa ‘(città) del dio SEL > VEL/ VIL/ EL/ IL = Sole’; i (F)ÉL(l)-e-nes, gli ‘Elleni’, erano ‘(gente) del dio FEL’; anche loro da VEL! Con molta probabilità una parte di loro emigrò; od anche furono conosciuti da tutti con il nome dei vincitori di Ilio; o se l’attribuirono, per la fama che gli derivava dall’Iliade, il poema cantato dalle Carmene. Questo breve cenno ci spiega perché gli studiosi scoprono indizi di comune civiltà tra Achei, Velissi, Troiani, e Romani: vivevano insieme, nelle stesse terre, almeno tra il 1300 ed il 1200 a. C.; le influenze reciproche dovevano verificarsi per comunanza, necessità e guerre che li collegavano; infatti i molti tratti che si riscontrano tra Tirreni, Velsini/ Elleni segnalano proprio la vita comune vissuta là in Asia nel secondo millennio a. C.; non furono influenzati dai Greci della Magna Grecia; ma dai contatti anatolici, preomerici; lì vanno cercati i numeri, la posizione della donna nella famiglia, le cariche pubbliche, i nomi personali: Camnas, il re Kamanas di Karkemish, Tite, il re eteo Tuwatias….., il dio Culsans con l’identico ittita Kulsan- (AGI, 4).….; il dio SEL > FEL > EL, gr. Álios, Élios < *FELios, con il parallelo tirseno aVile, aVle/ aUle ‘Aulo/ Sole’, ossia il gr. aFélios/ aBélios ‘Sole/ Aulo/ Abele’ (non semita, come CAino, gr. KAìo ‘brucio’, tirseno CA-u-tha ‘(dio del) Fuoco’, CAuterio…), che dette origine anche al tirs. aVil(), aVils ‘soli > anni’, ad aPlu, proprio ‘*aPo(l)los/*aFlos’>ApoLlo…..senza citare il dio TUran < *TU-shas/ TEshub ‘(dio) del cielo’, THEsan ‘(dio) della Luce’, LAran ‘(dio) della guerra’, TURms ‘(dio) della CORsa/ (k > h)ERmete’, gr. D()Rómos ‘corsa’….. Il libro presenta una continua analisi fonetica e morfologica di ogni termine, sempre ripercorsa, arricchita, con tutti gli sviluppi possibili; presenta un metodo nuovo, che attraverso la CINEFONESI, evidenzia la RADICE, SEMPRE MONOSILLABICA (a, ak, ka, kar, kr), seguita da DESINENZE SEMPRE MONOSILLABICHE (-sa, -sa-sa, -sas, -sa-sas, -sas-sa, -sas-sas…..; DO-mi-nus, FA-mo-sus; DE-mo-ti-kós/ *TE-Fo-ti-nos; procede all’eliminazione di ogni affisso: s-c-RI-vo < g-RÁ-pho, da RA-ffio, g-RA-ffio, s-g-RA-ffio ‘incido > (sc)RI-vo’); tutto conduce sempre in Asia Minore, luogo degli Etruschi, così chiamati erroneamente dagli Italici, in particolare dai Latini; i Romani vanno esclusi, appartenevano anch’essi alla civiltà anatolica; il loro nome deriva dal dio RA/RE/RI/RU ‘Sole’: eteo RU-wa/ NU-wa (MEG, 8) ‘RU-ma/ NU-ma > anat. Ru()nda/ Runtija/Ra()du, varianza Ruwan/ Nuwan/ Numan (SMEA, 9), ROsso, gr. (e-)RU-th-rós < *RU-sh-sos ‘(colore) di RA’, tirseno RI-l ‘soli > anni’, RA ‘RO(-sso)’, RA-th-lth < *RA-s-s()s > *RA-k-l-th ‘RAggiante/ colore di RA’; tirseno RUmach ‘ROmano’, RAmatha < *RA-wa-tha < *RA-Wa-sha = Solare/ Solaria’ (nome di donna), RE(w)a/ RE-a, RE(wa)tia/ RE-zia. Quando si parla di numeri romani, ci si deve solo riferire ai Tirseni/ Velsini: infatti V era scritto capovolto, indicava la M di M-a-ch ‘cinque’; e la X riproduceva la S di SA-ris ‘dieci’; sapendo che questa lettera spesso veniva rappresentata con ch/k, ecco SA-ris/ *XA-ris ‘mani > dieci’, più arcaico del nesico KE-s-sar , luvio (S > K)I-s-sa-ris (MEG, 8), paragonabile al sumerico SUmes ‘mani’ (DSS, 6), per poi trovarlo in gr. come CHÉ-ras, CHE-î-res ‘mani’, nelle decine tirs. -CHA-ls < *SHA-les < *SA-ses (TLE, 2: ce-z-p-al-CHA-ls: ce/3, tre al plurale/cezp/8, -al-CHA-les/ per mani = ‘80’); la soluzione è perfettamente riconducibile all’anatolico: infatti il cretese Lineare A, Saqe- ‘bronzo’ (LA, 10; LE, SYM, 11), corrisponde al miceneo Kako ‘bronzo, al gr. chaLkós ‘bronzo’ (LB, 12) (s/k/ch), L infisso, contrariamente a quanto affermano che il miceneo rappresenti solo una degenerazione del greco; ma se veniva parlato secoli prima, specie il cretese/ anatolico, Lineare A! Il greco appartiene a successive etnie ignoranti, che ebbero fortuna; tutto il sapere che acquisirono in Asia, prima comune a molte etnie, non fu distrutto dalle guerre; nell’Ellade si salvò perché distribuito in tante, troppe isole e penisole, per i predoni della civiltà; e mutarono le parole come è sempre avvenuto, dopo ogni conquista, adoperando molti affissi; quindi gli EL(l)eni < *FELenni > ÉL(l)-e-(n)nes storici, si manifestarono DOPO la progressiva scomparsa degli Anatolici, spesso in lotta tra loro, con le lingue progressivamente degenerate; tutti pronti a bruciare pelli e tavolette di legno, nonché chi le aveva scritte. Ma si badi bene ancora al loro nome *FELennes < *FELassos > *PEL-a-s-kos > PEL-a-s-go-(s)í ‘Elleni/ Pelasgi’; ad Elles=ponto ‘di VEL=mare’, dinanzi a Lesbo. Perché non si chiamavano Greci; questo appellativo glielo demmo noi, come si sa, che conoscevamo solo i marinai delle isole, in particolare quelli che provenivano da Creta, perciò ci indicavamo i *Kreti/ *kreki, *krekisi ‘quelli di Creta/ *Cretja/ Grecia’; la Sicilia era una ‘*Grande Cretja’, nonostante fosse abitata da Elimi, SICuli, e SICani; nomi antichi, che ci richiamano la radice SEK/ SIK ‘luce > vedere’; nes. SAKuwa ‘vedere > occhi’, SAKuwassa ‘dio del vedere > occhi’, ted. SEHen ‘vedere’, tirs. AUK-é-los ‘la lucente > Aurora’, gr. ÓS-se < *(S)OKje ‘occhi’, lat. (S)OCulus…..; le mutazioni produssero ZAK/ KIK, sempre per significare un luogo illuminato dalla ‘luce di un fuoco’, ‘l’ET-na < *UT-na > gr. ÉT-nos ‘*AT-no > AN-no’; indicava un panorama ‘Luminoso’; la conferma sta anche nel mito del *KIK-loWe, il CIC-lope, che soltanto il dio supremo, UTu ‘Sole’, ed il suo discendente UTuze < *UTusse > ODisseús, poteva spegnere, accecandolo; perciò SICani, SICuli, ZÁ(g)K-le, KÚK-loPs (*KIK-loFs < *SIKulos) si riferivano proprio ad uno spazio straordinario, abitato da una divinità colossale, ardente, guardato da mostri pericolosi, come SKúlla < *SIKussa/ S(I)Cilla, e KÁRuBdis/ CARiddi. Questo libro va letto seguendo le analisi fonetiche, glottologiche, e una grammatica arcaicizzante senza tema: NO-me-n (*NO-me-se), NO-mi-nis (*NO-mi-sis), NO-mi-ni (*NO-mi-si); MIL-e-s, MIL-i-tis, MI-li-ti, AM-o-r, AM-o-ris, AM-o-ri…..; senza dover interrogare certi esperti compromessi, disposti ad ascoltare nient’altro che la reciproca stessa voce; eppure non ci metterebbero nulla, con la cultura che hanno, se solo si voltassero appena da quella parte, a scorgere gli Etruschi, meglio i Tirseni/ Velsini, portatori di civiltà orientalizzante, là, a Vilussja/ VILussa e *Taruuissa, al tempo di Muvattalli e di Tudhalija IV; vedrebbero ILio, la città dei VELsini; che sbarcati in Italia, se la ricostruirono, come altre città, presso il lago di BOLsena/ VELsna, forse a Bolsena stessa, o a *Flaska (niente vasculum, secondo alcuni; impossibile V > FL), voce da *FELassa, con le –ss dissimilate in *FELaska, secondo le varianze della -s-s anatolica fondamentale: > -s-l, -s-n, -n-n, -k-s, -s-k, -r-n, -r-r, -s-t, -t-t….. Io ho individuato Uilusija/ Uilusa/ VILussa > POLichna in Bd, sulla A CLASSICAL MAP of ASIA MINOR (allegata); da luglio ho depositato presso la S.I.A.E. altri documenti; alcune notizie le ho trasmesse, a sua richiesta, alla Soprintendenza Archeologica per il Lazio, all’Accademia Nazionale dei Lincei, all’Ambasciata della Turchia, al Sindaco di Bolsena, ritenendolo il maggiore interessato; ma ormai dubito di questa certezza; bisognerebbe studiare meglio il territorio in generale, molta attenzione al ‘Monte *FEL-a-s-sa > *FELa-s-ka > *FELa-s-ko-ne > *FLaskone’ ‘Monte Fiascone’, per definire una priorità sicura. Quindi andrebbe controllato il sito di VILussa/ POLichna là in Asia Minore, per accertarne l’esistenza; e procurarci intanto qualche documentazione archeologica scritta, e una carta archeologica del bacino del lago di Bolsena; si potrebbero individuare elementi linguistici determinanti per la scelta tra *BELsna ( < *FELsna, -s-s > -s-n) e *FELaska (< *FELassa/ VELussa/ VILussa, *PEL-a-s-ki; -s-s > -s-k, -k-s…..); o altro sito abbandonato lì nella zona circostante. OR-vieto non lo ritengo proprio la distrutta VOLsinium, troppo lontana dal lago, dai Monti Volsinii; la radice, poi, simile ad OR-te, AR-ezzo, somiglia troppo ad AR-zawa, nel paese di LUKKA, potente avversaria degli Ittiti. Il libro va giudicato con il libro, non attraverso gli occhi dei fautori dell’autoctonia; troppo compromessi, con libri, mostre, biblioteche, prestigio personale, potere; poi, perché costoro guardano solo da un’altra parte; e non possono vedere. Quelli seguono ancora, tuttora, certi scrittori che, avendo saputo dopo secoli dell’esistenza dei Tirseni in Oriente, supposero, non trovandoceli più, che vi avessero fatto qualche scappatella dall’Italia, visto che invece in Italia ancora esistevano; ma erano nati troppo tardi; alla loro epoca, come potevano conoscere i Tirseni, padroni persino del Partenone, sede dei tirs. *purthnes/ *prutenes ‘i pritani’; quindi quella residenza l’avranno dovuta chiamare *purtenina > Partenone; subentrati gli Ateniesi la confusero con l’omofona parthénos ‘la Vergine’! Da quel luogo furono scacciati per la loro bravura nel campo architettonico, si dice, in seguito identificati per irriderli con la facile, ma anche politica (basta un s/r), ridicola omofonia PelaSgoí > PelaRgoí ‘ le Cicogne’. I vinti ancora oggi sono vittime di qualifiche degradanti, di colpe commesse dai vincitori a loro nome. Quanto a pur-(thne)/ *pru-(thne) non c’ è da stupirsi; il dio tirs. TUR-m()s ‘il Corridore’ non nasconde che il gr. DR-ó-mos/ *DURms ‘la corsa’, come KÁD-mos (che non era fenicio!), da cui derivano i CÁDmiloi/ *CARmeloi/ CÁmiloi (TLE, 819, 2: Tuscos CAmillum appellare MERcurium), anch’essi dall’idea di ciò che ‘rotola’: ‘CARro/ COR-sa/ CERchio’; non è nemmeno vero ciò che ammette Erodoto (V 85), che chiama le lettere greche phoinikéia grámmata (Alfabeti, 13), intendendole come ‘fenicie lettere’; anche qui ha giocato l’omofonia, bastava il verbo phoinísso ‘tingo’ per capire che si trattava di ‘lettere (di)pinte’, sostenute anche dal miceneo ponikio ‘dipinti di cremisi’ (LB, 12). E poi accenniamo a quel Dionigi di Alicarnasso, che, pur ammettendo di non conoscere la lingua etrusca, ma affetto da omofonia, affermava che il nome Tirseni derivava dal gr. túrseis ‘torri’, ‘(costruttori) di torri’; ma i Tirreni TORRE la dicevano PAR-chis, gr. PÚR-gos < *pur-kos, PÉRgamon/ *PERkamos: TLE 165, 2: Arnth Churcles Larthal clan Ramthas Pevtnial zilc parchis amce marunuch spurana cepen tenu avils machs semphalchls lupu “Arunth(e) (dei) Churc(u)le di La(e)rth(e) figlio (e) di Ramatha di PeVtnia. Tele della torre è stato, il marone cittadino capo fece. A soli ( > anni) cinque settanta morì.”. Ma si sbagliava anche con Rasna, ritenuto un generale, da cui presero un loro nome; invece appartiene a RA/ dio, quindi con l’accezione di ‘sacro’: TLE 137, 2: ….(L)arisal Crespe Thanchvilus Pumpnal clan zilath (mechl) rasnas marunuch (cepe)n zilc thufi tenthas marunuch pachanati ril LXIII “ ….di (L)aris Crespe (e) di Tanachila Popina figlio. Tele (del consiglio) di RA/ sacro, marone capo, il tele più volte fece, (e) il marone bacchiale (o ottimate). A soli ( > anni) LXIII (morì).” TLE 570, 2: tesns teis rasnes ipa ama hen naper XII “ le disposizioni/ leggi quelle sacre, che sono proprio (suddivise in) parti XII”; richiamano le ‘XII Tavole’. Traggo da K. Wilin, “Il verbo etrusco”, la seguente iscrizione: Laris Avle Larisal clenar sval cn suthi cerichunce apac atic sanisva thui cesu Clavtiethurasi; io interpreto: “Laris (e) Avle di Laris figli per sé questa tomba si costruirono. L’uno e l’altro qui (si) riposa(no). Dai Claudii (discendenti).” Sembrerebbe tutto tradotto bene, senonché sval presenta la stessa, medesima forma iniziale di sval-ce ‘è vissuto’, sva-l-thas ‘visse’; quindi, dicono gli esperti, sval > ‘vivere’; tutti d’accordo: ‘vivi fecerunt’; allora Wilin traduce la prima parte: ‘Laris ed Aule, figli di Laris, che hanno fatto costruire la tomba, sval (= vivere) durante la vita’. E se sva-l fosse omofona? E’ così, si tratta di *sFa-…il gr. sPheîs < *sFes ‘, dall’ind.e. se, sibi, con F > PH infisso. Le lingue antiche conservano quasi sempre uno o più affissi derivati da F ( > W/M/MP/P/PH/U/V): Tawagalawas (GIT, 3) (*TAG-a-tas/ *TAG-a-nas )/ E-tewokléwes, tirs. FuFluns/ *Wuwlunus ‘Solone/ Solare’….. Quanto alla -L, se indicasse il caso? Come nei tanti Larisa-L ‘ di Laris’, Lartha-L ‘di Laerte’, Fufluns-L ‘del dio Solare’? Mentre le voci verbali vanno ricondotte al gr. ZÁ-o/ ZÓ-o ‘vivo’, da *SFA-sa, sviluppo tirs. *sFa-la (salVe ‘vita!’), palesamente anteriore alle voci greche; ma più vicine all’eteo sPisur ‘vita/ salute’ (MEG, 8), *sFisus/ *zFisus; tirseno arcaico *sFa-s-se ‘è vissuto’, *sFa-s-tas ‘visse’; per capire queste ultime uscite, occorre paragonarle alle desinenze ittite: preterito attivo, 3a pers. sing. -ta, -s-ta; mediopassivo 3a pers. sing. -ta/ -tari; eteo -ta (LLI, 14) (MEG, 8). Per finire, aggiungo due iscrizioni tratte da Giulio M. Facchetti, “L’Enigma svelato della LINGUA ETRUSCA”, autore ritenuto notevole: Aulesi Metelis Ve Vesial clensi cen fleres tece sansl tenine tuthines chisvlics “ Ad Aule Meteli di Vel (e) di Vesi figlio; costui completò (il santuario?) del nume (fiorente?), secondo il pubblico (voto?).” Invece significa “Ad Aulo (dei) Meteli di Vel (e) di Vesia figlio. Questa (statua) come sacrificio si pone per il dio SAN. Opera secondo demotica decisione.” TLE, 2: Sans-L, Sians-L ‘al dio SAN’; ittita sieuniahta ‘colpito da un dio’, siu-, siun-, siwanni- ‘dio’ (LI, 15), lidio SAN-tas (DSS, 6); SYEN(n)-e-sis ‘il Divino’, per forza, era re della Cilicia (Cilicia, Indice, 16). Anche queste indicazioni servono a collocare i Tirseni; gli studiosi si decidano a cercarli in Medio Oriente, tra gli Anatolici; ma in tempi anteriori agli Elleni storici, persino agli Ittiti, quando viveva il re Labarna piTHAna ‘dioTHAna’(altrove ho spiegato che dio veniva prefisso con pi/pu/me/ve : pi-Sarruma, me-Turan, ve-Iovis…); da ricalcare esattamente sul nome fem. tirs. THAna ‘Lucia’, su THAnasa ‘spettatore’, sulla regina THAnchvil ‘Tanachila/ Luciana’; proprio quella che condusse da Tarquinia a Roma il suo grande marito, detto Lucumone; ossia il mic. lawaghetas (SG, 17) *lawaghenas > *lawacheWnas ‘lucuMone/ duce’, lat. legatus; varianza l/t: Laris/ Dario, Lacrima/ Dákruma, la dea cretese DIKtinna/ *LIK-tinna ‘dea del monte Dik-te/ *Lik-te > della LUCe’ (LCMC, 18), labarnas/ tabarnas, titoli ‘solari’, adatti ai regnanti. Altro esempio, la traduzione tratta dal Facchetti: (TLE, 2) Velias Fanacnal Thuflhas alpan menache clen cecha tuthines tlenacheis “Di Velia Fanacnei a Thufltha l’(omaggio) fu fatto a favore del figlio secondo il pubblico (voto)”. Invece significa: “ Di Velia Fanacna al (dio) ThuFltha/ *Thuleta (gr. thêlus, thelútes = del sesso, della riproduzione femminile) la ricompensa presentata secondo l’uso. Pubblica decisione.” Anche qui devo sottolineare la confusione provocata dall’omofonia clens/ clen: clan ‘figlio’, clens ‘del figlio’, clensi ‘al figlio’; il traduttore deduce, per omofonia, che clen significhi ‘a favore del figlio’, ma è sbagliato; perché cl equivale al gr. ks > s, quindi clan/ *ksan > *san, clens/ *ksens > *senes, clensi/ *ksensi > *senesi; anche clen va letto *ksen < *sen, ossia si tratta di una variante, tra il greco ksún > sún e il lat. cum ‘con, secondo’; allora clen cecha va ricondotto a *ksen *zeka, gr. ksún/ sún díka-i/ díke-i ‘secondo l’uso, legge’; a questo proposito bisogna ricordare l’eleo zíkaia (= díkaia, z/d) (AGI, 4); per il tirs. cecha, vale lo sviluppo fonetico s > c > z > d: *secha > cecha > *zecha/ zika > *decha/ díka; cechaneri, *zekanesi/ *dekatesi (TLE, 2): Velthur Partunus Larisalisa clan Ramthas Cuclnial zilch cechaneri tenthas avil svalthas LXXXII “Velthur di Partunu il Larisassa/ Larisense/ di Laris figlio (e) della Ram(a)tha Cucl(i)nia. Il tele giudiziale fece. Soli visse LXXII.” Cechaneri < *zekanese; *dikanere < *dikanese; gr. dikainikós/ *cichainises. Altro che Magni Greci, qui ci troviamo tra i protohattici (taniwas ‘fa’ (DSS, 6), tirs. tenthas, tenine, tenu), i Meoni con il loro re Me()stle (tirs. m-AC-s-t-re/ *m-AG-stre, gr. F-AGetér/ F-egetér, *F/M-egesetere), e simili.
 
   

Bibliografia


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  18. P. Desideri – A. Margherita Jasink, Cilicia, Indice
  19. D. Musti, Storia Greca, 55
  20. Ch. Dufay, La civiltà Minoico-Cretese, LGMC, 286

Angelo Di Mario Notizie registrate presso la S.I.A.E.

 
  I miei recenti libri possono spiegare con più particolari quanto qui accennato:
“La lingua degli Etruschi”, ALBERTI & C. Editori, Arezzo;
“Lingua etrusca. La ricerca dei Tirreni attraverso la lingua.”, Edizioni CANNARSA, Vasto.

Angelo Di Mario     

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